I genitori dei bambini di circa 2 anni che frequentano l’ asilo  si sentono spesso dire dall’insegnante  di classe che il bimbo è in perenne movimento, che disturba gli altri bambini e che ha una scarsa capacità di concentrazione. Questo contrasta con quanto fino a pochi mesi prima le stesse insegnanti dicevano del bimbo: infatti, solo poco tempo fa, era un bambino tranquillo, curioso, partecipativo.

Com’è avvenuto tale cambiamento? Semplice: tuo figlio è cresciuto!

Intorno ai 2 anni, infatti, l’esigenza di conoscere e di esplorare è talmente forte che è difficile far stare fermo un bambino. Inoltre, a quest’età, la capacità di concentrazione è  limitata a pochi minuti, pertanto pensare di farli stare seduti ad un tavolino a disegnare o fare manipolazione per un tempo più lungo è una vera utopia.

La situazione cambia se invece parliamo di bambini di età  superiore ai 5 anni, dove una forma di irrequietezza può coprire una situazione di stress o di difficoltà nell’adempimento alle nuove richieste scolastiche.

Per mezzo del proprio corpo i bambini possono esprimere anche situazioni di disagio o di tensione psicologica, per cui l’iperattività può essere originata dalla reazione ad una difficile situazione familiare, ad un lutto, alla nascita di un fratellino…

Se, invece, ad una difficoltà di concentrazione, si associano ritardi nell’apprendimento, difficoltà motorie, disturbi del controllo sfinterico, oltre ad  altri problemi che possono essere evidenziati dall’elettroencefalogramma, in questi casi si può  parlare di un vero “deficit dell’attenzione”

Se un bambino  di due, tre anni  a scuola si muove in continuazione,  si mette frequentemente in situazioni di pericolo, è probabile che sia  un bimbo che tenta di fuggire da una situazione reale o immaginaria di pericolo. Il suo agitarsi è una richiesta di attenzione che gli serve non solo per scaricarsi , ma anche per richiamare l’attenzione di genitori, che spesso sono troppo presi dai propri problemi per comprendere che il piccolo sta vivendo un momento di profondo disagio.

Il suo atteggiamento distruttivo verso giochi o cose ha la funzione di scaricare sugli oggetti quella rabbia che avverte dentro di sé a causa di tensioni, risentimenti, conflitti che percepisce in famiglia e che gli stessi adulti esprimono in maniera confusa ed ambivalente.

Un bimbo ipercinetico è molto spesso la rappresentazione di una “instabilità familiare”, pertanto invece di “incolpare” un bambino di essere perennemente in agitazione, bisognerebbe conoscere l’ambiente sia familiare che sociale nel quale il bambino si trova ad interagire.

Come cercare di arginare il “piccolo diavolo” ?

Sicuramente lasciando che il bambino si esprima anche fisicamente (la sua capacità espressiva a questa età è ancora molto limitata) senza inibirli. Un nostro atteggiamento duro, non farebbe altro che inasprire la situazione rischiando di cristallizzarla o di prolungare un momento di ribellione  circoscritto all’età, ad un comportamento prolungato nel tempo. Cerchiamo di cogliere il messaggio che il bambino vuole comunicarci, instauriamo con lui un dialogo attraverso il quale egli possa confidarci i pensieri e le ansie che si agitano dentro di lui. Punizioni e rimproveri, possono forse servire per bloccare momentaneamente una situazione  particolarmente difficile, ma certamente non a risolvere il problema, anzi se oltre all’instabilità comportamentale si aggiungono anche altri sintomi come inappetenza,  o al contrario una richiesta eccessiva di cibo, disturbi del sonno, scatti di ira o di aggressività immotivata, è opportuno chiedere aiuto  ad uno psicologo affinché possa fare una valutazione della situazione.