Tutti noi genitori ci siamo trovati una mattina  davanti al capriccio di nostro figlio che non voleva alzarsi per andare a scuola.

Quali le ipotesi più frequenti di tale atteggiamento?

Domandiamoci per prima cosa se possono esserci problemi a livello fisico:

ha dormito il giusto numero di ore? Ha avuto un sonno agitato? La sera ha fatto giochi troppo eccitanti?  Ha svolto un’attività sportiva troppo faticosa?

 

Potrebbe, però, anche non trattarsi di stanchezza ma proprio del rifiuto di andare a scuola.

In questo caso potrebbe esserci una difficoltà da parte del bambino di allontanarsi dall’ambiente familiare, oppure un rifiuto legato al nuovo ambiente scolastico.

Allontanarsi da casa, se è un periodo di tensione famigliare, se è avvenuta la nascita di un fratellino, se vi è un familiare malato, se è stato fatto da poco un trasloco, se un genitore si è allontanato da casa anche se per motivi di lavoro…tutto ciò significa per il bambino temere che durante la propria assenza possa accadere qualcosa che lui non possa controllare.

Anche il desiderio inconscio della mamma di non volerlo “far crescere” e renderlo autonomo, può far scaturire nel bambino il bisogno di assecondare questo desiderio materno e quindi di non allontanarsi dal proprio rifugio/casa ritardando quel suo naturale bisogno di autonomia.

Altre volte  il  non voler andare  a scuola, può assumere il significato di una “vera protesta” nei confronti dei genitori  colpevoli di volerlo allontanare da loro per alcune ore. La sua protesta potrebbe essere anche rivolta all’insegnante che rappresenta una autorità diversa dai genitori e non accettabile per lui, oppure sentirsi costretto a dei ritmi di attività che non corrispondono alle sue necessità e capacità.

Alcune volte il suo disagio e la sua ansia di allontanamento è talmente grande da procurare disturbi fisici, fino a creare delle vere e proprie malattie psicosomatiche.

Da quanto detto, si comprende la molteplicità delle cause di rifiuto della scuola, alcune volte accompagnato dal rifiuto di lavarsi o vestirsi. Sono infatti tutte azioni che portano ad allontanarsi da casa e non per andare con i genitori al parco ma al momento per il bambino di allontanarsi dalle sue figure di riferimento.

Allora cosa fare?

Ricordarci noi genitori, che il capriccio non è mai fine a se stesso, ma è il modo che ha il bambino per chiederci di prenderci cura di lui, e la nostra migliore risposta è sempre quella dell’ascolto e del comprendere quali siano le vere motivazioni che stanno dietro a quel capriccio.

Per prima cosa non assumere mai un atteggiamento ricattatorio! (se vai a scuola ti compro un regalo, oppure se non vai a scuola non vedrai in tv i tuoi cartoni preferiti),

Instaurare un “braccio di ferro” con il bambino non solo è inutile, ma anche dannoso, lui non si sentirà compreso e pensa che le sue ansie  non vengano comprese.

Dicendo invece realmente con il cuore : “ho capito ciò che vuoi dirmi, hai bisogno di un momento di coccole. Va bene, ora stiamo qualche momento insieme, ma poi dovremo andare. Ma ricordati che papà, mamma, i nonni, torneranno sempre, e durante la separazione ti penseranno”.

Un altro espediente è quello di permettere al bambino di portarsi a scuola un oggetto a lui caro, che non solo può essere un gioco o un peluche, ma alle volte anche un abito, una maglietta che può servire a fargli compagnia e, non importa se la maglietta sarà a maniche corte anche se siamo in pieno inverno!

La psicoterapeuta Vegetti Finzi ci consiglia in caso di “mal di scuola” di dimostrare al bambino che a noi interessa lui come persona  e non come scolaro.

Il bambino per potersi allontanare serenamente dalle sue figure di riferimento  ha bisogno di sicurezze e serenità  ed è questo che dobbiamo dargli affinché possa assecondare il proprio bisogno di esplorazione ed autonomia.

Il rifiuto scolastico rappresenta spesso una paura che esula dalla scuola stessa, il bambino prova un’angoscia che non riesce a definire o collocare ed ha bisogno di un adulto di cui fidarsi ed affidarsi affinché riesca a modo suo ad esprimere il proprio disagio. E’ compito dell’ adulto che gli sta accanto, trovare le parole idonee, ma soprattutto che sappia veramente ascoltarlo e non solamente con le orecchie ma soprattutto con empatia.

Il contesto familiare sereno, la capacità di dialogo, sapere di trovare nell’adulto che ama, comprensione e condivisione delle sue paure, delle sue angosce e dei suoi disagi, rappresentano per il bambino il superamento della sua ansia da separazione e gli danno la forza ed il desiderio di andare ad “esplorare” il mondo circostante.